Identificata l’azione positiva di una particolare citochina contro l'nfiammazione tipica della sclerosi multipla. Uno studio del San Raffaele di Milano finanziato da AISM e la sua Fondazione FISM
Nelle malattie autoimmuni, come la sclerosi multipla, il sistema immunitario attacca impropriamente il proprio organismo. Capire come funziona la comunicazione nel sistema immunitario è perciò molto importante, perché potrebbe permettere di capire cosa non funziona e, possibilmente, di porvi rimedio. Fra le diverse molecole implicate in questo processo ci sono le citochine, che mandano al corpo segnali che aumentano o diminuiscono l’infiammazione. L’importanza di questa classe di molecole è peraltro testimoniata dal fatto che il primo farmaco approvato per la sclerosi multipla, l’interferone-beta, è proprio una citochina.
«Abbiamo studiato una famiglia di citochine composta da 4 membri. Due di loro IL12 e IL23, sono da sempre ritenute tra i segnali infiammatori più potenti, e perciò più pericolosi, nella sclerosi multipla», spiega Roberto Furlan, Capo Unità di Neuroimmunologia presso dell’Istituto di Neurologia sperimentale (INSpe) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. «Le altre due, invece, si chiamano IL27 e IL35 e fanno da contrappeso, sono cioè citochine anti-infiammatorie».
Studiare queste citochine è molto difficile, perché ciascuna è composta dall’unione di due proteine. Per poterle indagare, perciò, i ricercatori hanno usato la terapia genica e ingegnerizzato dei virus che esprimessero le due proteine legate tra loro, consentendo il giusto appaiamento e perciò la produzione della citochina corretta. «Infettando con questi virus modelli animali affetti da una neuroinfiammazione simile alla sclerosi multipla, abbiamo scoperto che, in effetti, IL27 e IL35 sono in grado di contrastare le loro sorelle pro-infiammatorie e attenuare la neuroinfiammazione», afferma Furlan.
In particolare, i risultati della ricerca, resa possibile grazie a un finanziamento di AISM e la sua Fondazione, hanno dimostrato che IL27, somministrata ai modelli animali già malati, riduce significativamente i segni clinici della malattia. Lo studio, pubblicato su Scientific Report, apre la strada a ulteriori indagini per verificare se in futuro IL27 possa rappresentare una possibile terapia per le persone con SM.
Sci Rep. 2017 Nov 29;7(1):16547. doi: 10.1038/s41598-017-16702-w.
IL-27, but not IL-35, inhibits neuroinflammation through modulating GM-CSF expression.
Casella G1, Finardi A1, Descamps H2, Colombo F1, Maiorino C1, Ruffini F2, Patrone M3, Degano M3, Martino G2, Muzio L2, Becher B4, Furlan R5.
Nella foto: Roberto Furlan, Capo Unità di Neuroimmunologia presso dell’Istituto di Neurologia sperimentale (INSpe) dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano