Della forte associazione tra il virus di Epstein-Barr (EBV) e la sclerosi multipla si discute da tempo, e grazie ai risultati di ricerche avviate negli anni 80 il virus viene oggi annoverato tra i fattori di rischio ambientali della malattia. Da tempo la ricerca cerca di comprendere in che modo un'infezione virale molto diffusa - generalmente asintomatica, più raramente causa la mononucleosi infettiva e alcuni tipi di linfomi - possa contribuire allo sviluppo della sclerosi multipla.
Un tassello in più agli studi nel campo arriva oggi da una ricerca, finanziata da AISM e la sua Fondazione e dal Ministero della Salute, che fornisce nuove evidenze per comprendere in che modo EBV sia coinvolto nella malattia. Come scrivono le ricercatrici guidate da Francesca Aloisi del Dipartimento di Neuroscienze dell'Istituto Superiore di Sanità in un lavoro pubblicato su Journal of Virology, i risultati dello studio rafforzano il concetto, suggerito da precedenti ricerche dello stesso gruppo e altri, che la risposta immunitaria contro il virus sia direttamente coinvolta nella formazione delle lesioni cerebrali tipiche della sclerosi multipla.
«Sebbene negli anni siano state prodotte numerose evidenze a favore del coinvolgimento del virus nella patologia – per esempio l’aumento di anticorpi specifici per EBV nel sangue delle persone con sclerosi multipla suggerisce un problema con il controllo dell’infezione – non è ancora chiaro quale ruolo abbiano le diverse componenti del sistema immunitario coinvolte nella risposta antivirale», spiegano gli autori.
La ricerca nel campo è stata ulteriormente complicata dal fatto che alcuni gruppi non abbiano trovato evidenze della presenza del virus nelle lesioni di sclerosi multipla, forse a causa dei diversi metodi di campionamento e di rivelazione del patogeno, anche se uno studio recente effettuato nel laboratorio del Prof. Lawrence Steinman dell’Università di Stanford ne ha confermato la presenza.
Le ricercatrici hanno analizzato il tessuto cerebrale donato da persone con sclerosi multipla, concentrandosi su una sottopopolazione di linfociti T, denominati CD8. Queste cellule non solo sono presenti, ma predominano nel cervello delle persone con SM e hanno un ruolo essenziale nel controllo delle infezioni virali. A fronte della dimostrazione di cellule infettate dal virus, mancava, finora, la dimostrazione che linfociti T CD8 specifici per EBV fossero anch’essi presenti nel sistema nervoso centrale.
Grazie all'analisi dei tessuti cerebrali post-mortem con una tecnica che permette di identificare anche singoli linfociti T CD8 in grado di riconoscere EBV, le ricercatrici hanno potuto dimostrare la presenza di linfociti T CD8 specifici per EBV, il contatto tra questi e i linfociti B infettati dal virus, nonché la loro funzione citotossica (necessaria per distruggere le cellule infettate), a dimostrazione del fatto che il sistema immunitario si attiva per eliminare l’infezione a livello cerebrale.
«Quanto osservato oggi, continuano le autrici del lavoro, suggerisce anche che nelle persone con sclerosi multipla il sistema immunitario sia “incapace” di eliminare le cellule infettate da EBV, e che il tentativo continuo ma infruttuoso di tenere a bada il virus induca una risposta immunitaria anomala e persistente (in gergo tecnico viene definita ‘risposta immunopatologica’), che alimenta l'infiammazione nel sistema nervoso centrale danneggiandolo».
Più in generale, fornendo ulteriori prove a sostegno dell'associazione tra EBV e sclerosi multipla, il nuovo studio è in sintonia con l'interesse crescente della comunità scientifica per l’utilizzo di terapie antivirali nella SM. «Il nostro lavoro si inserisce in questo contesto di ricerca – ha concluso Aloisi - rafforzando il concetto che nelle persone con SM la risposta immunitaria diretta contro EBV sia al contempo inadeguata e dannosa per il sistema nervoso centrale; quindi, può essere necessario controllare meglio il virus».
I dati presentati si inseriscono in un filone di ricerca avviato da Barbara Serafini e Francesca Aloisi, che negli anni ha messo in evidenza il ruolo patogenetico dei linfociti B – bersaglio di un farmaco recentemente approvato per la terapia della SM, l’ocrelizumab - e ha poi cercato di comprendere il legame tra queste cellule, che oltre a produrre anticorpi costituiscono anche il principale serbatoio dell’infezione da EBV nell’organismo, e l’infiammazione che danneggia il sistema nervoso centrale.
La scoperta dei follicoli B nelle meningi – strutture simili ai linfonodi del sistema immunitario – risale al 2004; come ha ricordato Aloisi: «il lavoro è proseguito con la dimostrazione che EBV è presente nei linfociti B, sia all’interno di queste strutture che nelle lesioni, e ora è approdato alla dimostrazione che nelle stesse sedi (meningi e lesioni) sono presenti linfociti T CD8 che riconoscono EBV ed entrano in contatto con i linfociti B infettati».
Referenza
Titolo: Epstein-Barr virus specific CD8 T cells selectively infiltrate the brain in multiple sclerosis and interact locally with virus-infected cells: clue for a virus-driven immunopathological mechanism.
Autori: Serafini B, Rosicarelli B, Veroni C, Mazzola GA, Aloisi F.
Rivista: J Virol 93:e00980-19.
DOI: https://doi.org/10.1128/JVI.00980-19.
Questo progetto di ricerca è stato finanziato con il Bando FISM con cui ogni anno AISM e la sua Fondazione mettono a disposizione fondi per i ricercatori e rinnovano l’impegno a ottenere risultati di qualità che possano migliorare in maniera concreta la vita delle persone con SM. È grazie al 5x1000 se in questi ultimi anni abbiamo potuto sostenere questo e tanti altri importanti studi scientifici che stanno cambiando la vita di migliaia di persone. Dai il tuo 5x1000 per sostenere la ricerca sulla sclerosi multipla! |