«Sono un medico neurologo con la passione per la ricerca scientifica, un marito, un papà. Due settimane fa è nata la nostra seconda figlia, Yael, proprio mentre ricevevo la lettera che mi annunciava l’assegnazione del Premio Rita Levi Montalcini».
Luca Peruzzotti-Jametti, 39 anni compiuti ad aprile, Senior Staff Scientist e Neurologo presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, è il vincitore del Premio Rita Levi Montalcini 2022.
«Per me– afferma – questo Premio ha un meraviglioso significato. È l’onore di una vita, un riconoscimento cui tengo molto. Sia per Rita Levi Montalcini, una scienziata difficilmente replicabile, che ha dato molto e viaggiato molto come me. Mi sento di condividere questa sua ‘apertura’ mentale costruita anche incontrando altri mondi oltre quello in cui era nata. Ma ancora di più tengo molto a questo Premio perché è stato vinto diversi anni fa dal mio mentore, il professor Stefano Pluchino. In qualche modo per me questa vittoria è come un’eredità che lui stesso mi lascia, la conferma del valore di una scuola di ricerca. È un booster, un razzo propulsore per arrivare a dare a tante persone con sclerosi multipla progressiva le risposte che stanno aspettando per vivere al meglio la propria vita. Da grandi riconoscimenti derivano grandi responsabilità: oggi riparto con la convinzione e l’impegno a fare tutto ciò che deve essere fatto».
Luca Peruzzotti-Jametti negli ultimi anni ha concentrato la sua ricerca nel campo emergente della Neuroimmunologia Rigenerativa per le forme progressive di sclerosi multipla, focalizzandosi sulla comprensione del metabolismo cellulare del sistema immunitario come nuova visione utile a comprendere i processi neurodegenerativi delle forme progressive di sclerosi multipla e a sviluppare nuove terapie sperimentali. È autore di 47 pubblicazioni scientifiche su riviste ad alto impatto.
Connessioni e lezioni: imparare dalla ricerca sull’ischemia l’impatto del metabolismo cellulare
La ricerca di Luca Peruzzotti-Jametti, come racconta lui stesso, è oggi centrata sulle forme progressive di sclerosi multipla ma parte da lontano, dagli studi su un’altra patologia, l’ictus (stroke) e sui danni cellulari indotti da ischemia, testimonianza lampante di come sia vero, oggi, che è decisivo, come indica il titolo del Congresso Scientifico Annuale FISM 2022, «connettere la sclerosi multipla e le altre patologie neurologiche, perché insieme siamo più forti».
«Dopo la laurea in medicina a Milano nel 2007– ricorda – ho conseguito nel 2013 la specializzazione in Neurologia all’Università Vita e Salute – Ospedale San Raffaele di Milano. In quegli anni mi sono occupato di stroke, che allora era un mondo totalmente separato dalla sclerosi multipla. Ma, studiando la carenza di ossigeno (ipossia) e il metabolismo nelle cellule nervose colpite da ictus, ho messo le basi per un approccio innovativo alla SM, basato sullo studio del ruolo del metabolismo nei processi di infiammazione cronica che caratterizzano le forme progressive di SM. Il filosofo tedesco Ludwig Feuerbach dice che ‘l’uomo è ciò che mangia’: questo è vero anzitutto a livello cellulare. Ciò che le cellule ‘mangiano’ e il loro metabolismo, ossia il modo con cui processano il proprio nutrimento e lo trasformano in energia, guida l’attività di ogni singola cellula in condizioni normali e anche in condizioni di malattia come la sclerosi multipla. Questa è l’idea di fondo che ha guidato tutta la mia ricerca scientifica».
Come si fa ricerca sul funzionamento metabolico delle cellule del sistema nervoso? Anche in questo approccio servono precise connessioni?
«Il mio di approccio è frutto dell’integrazione di diverse discipline e campi della ricerca biomedica e della neurologia, che coinvolgono esperti non solo di sclerosi multipla ma anche di danno ischemico, di metabolismo, di biochimica, di matematica e fisica. Insieme abbiamo dato vita a un potente “melting pot”, a una fucina di connessioni che permette di guardare alla sclerosi multipla progressiva da un nuovo punto di vista».
Nella foto: da destra il Prof Mario Alberto Battaglia, Presidente FISM, Luca Peruzzotti-Jametti, Premio rita Levi Montalcini 2022, il Prof. Giuseppe Ippolito, Direttore Generale della ricerca e innovazione in sanità del Ministero della Salute
Qual è il punto di vista innovativo della vostra ricerca?
«L’angolo di visuale nuovo, a cui ho pensato già durante il mio dottorato di ricerca nel laboratorio di Regenerative Neuroimmunology, guidato dal professor Stefano Pluchino, applica lo studio del metabolismo cellulare in particolare alle cellule del sistema immunitario. Ho applicato principi di metabolismo e biochimica allo studio delle cellule sistema immunitario innato. La ricerca degli ultimi anni, infatti, ha dimostrato che le cellule del sistema immunitario innato, in particolare microglia e macrofagi, sono quelle maggiormente coinvolte nella sclerosi multipla secondaria. Quando un paziente progredisce dalla SM recidivante-remittente alla SM secondariamente progressiva si evidenzia un’attivazione persistente delle cellule dell’immunità innata all’interno del sistema nervoso centrale, che determina neuro-degenerazione».
Sta parlando delle ricerche sulle cosiddette “smoldering lesions”, le “lesioni fumanti” nei pazienti con SM secondariamente progressiva?
«Esattamente. Nel sistema nervoso centrale di persone con sclerosi multipla progressiva si identifica una consistente presenza di lesioni che fanno assomigliare diverse zone del cervello a una sorta di “bosco bruciato” attorno al quale persiste un “cerchio di fuoco” perennemente attivo. Si tratta uno stato di infiammazione cronica che continua a espandersi anche senza ‘attacchi’ che producano ricadute. Il cervello continua lentamente a “bruciare”, a perdere resilienza, a invecchiare più velocemente rispetto a chi non ha la sclerosi multipla. Questo processo degenerativo è mediato in gran parte da da microglia e macrofagi. Con i miei studi, sto cercando di capire perché queste cellule immunitarie continuino a generare quello stato cronico di attività infiammatoria responsabile della neuro-degenerazione. E soprattutto cerco di capire se e come si può intervenire per spegnere quell’incendio e preservare quella che globalmente viene definita la riserva neurologica».
Quali conquiste stanno ottenendo le vostre ricerche?
«Con una visione a 360 gradi, stiamo dimostrando l’efficacia di diversi approcci per modificare il metabolismo delle cellule del sistema immunitario innato all’interno del sistema nervoso centrale e cambiarne la funzione, in modo che non facciano più danno ma favoriscano la resilienza del tessuto nervoso e, se possibile, la sua rigenerazione»
Ci spiega questi approcci?
«Un primo approccio viene da lontano: nel 2009, sulla rivista Brain, avevamo dimostrato in modelli animali di malattia come il trapianto di cellule staminali neurali favorisse il ritardo della morte neuronale e la neuroprotezione post-ischemica. Abbiamo applicato la stessa visione alla sclerosi multipla, dimostrando che, con un intervento adeguato sul modo con cui le cellule consumano energia e la utilizzano per comunicare tra loro, si riesce a prevenire la loro attivazione cronica nel sistema nervoso centrale. Probabilmente, lo studio più rappresentativo in questo campo, è stato pubblicato sulla rivista Cell Stem Cell nel 2018: applicando al modello animale di sclerosi multipla tutte le metodiche e i concetti sviluppati nello stroke, abbiamo dimostrato il ruolo chiave di uno specifico metabolita prodotto da macrofagi e microglia infiammatori, il succinato. Innanzitutto, abbiamo dimostrato che lo stato di infiammazione cronica aumenta il livello di succinato, e che il succinato è un po’ come la benzina che serve perché l’infiammazione rimanga cronica. Poi, abbiamo scoperto che è possibile interagire con questo metabolita per ridurne i livelli, e in questo modo abbiamo evidenziato che, tolto il carburante alla infiammazione cronica riducendo i livelli di succinato, siamo in grado di trasformare l’infiammazione da cattiva a buona».
Ci sono altri interventi che state studiando per fermare l’infiammazione cronica e la progressione di malattia?
«Un secondo approccio ‘molecolare’ utilizza le cellule staminali neurali o le vescicole per intervenire sui mitocondri, ossia sulle centrali energetiche delle cellule immunitarie innate: nel 2021, con uno studio molto ben accolto dalla comunità scientifica internazionale, abbiamo dimostrato che è possibile intervenire alla sorgente del succinato (ossia sui mitocondri), e convertire l’infiammazione cattiva in buona sostituendo i mitocondri disfunzionali delle cellule immunitarie cattive con mitocondri nuovi che abbiamo estratto dagli esosomi delle cellule staminali neurali, cosi da farripartire una normale funzionalità, riducendo l’infiammazione sia su colture cellulari che in modelli animali di SM».
Prossimi passi della vostra ricerca? Si possono individuare approcci terapeutici praticabili nel prossimo futuro?
«Stiamo già lavorando a un terzo approccio traslazionale: insieme alla MS Society del Regno Unito nel 2021 abbiamo effettuato una revisione delle molecole, anche le cosiddette small molecules, già disponibili e note in letteratura per la loro capacità di agire sulla funzione mitocondriale e sul metabolismo cellulare. Queste molecole potrebbero ora essere riposizionate per la SM secondariamente progressiva tramite nuovi studi sperimentali specifici. Questo sforzo importante che è durato oltre 2 anni e che abbiamo pubblicato, ha rappresentato il fondamento dello studio clinico di fase III OCTOPUS che dovrebbe iniziare a fine estate 2022 e coinvolgere soggetti con forme attive e non attive di SM primaria e secondaria progressiva».
Dietro, anzi davanti, o ancora meglio dentro alle sclerosi multiple progressive ci sono le persone. Persone che hanno voglia di vivere ed essere curate al meglio. Ti sei definito “un medico”: come incontri le persone per cui fai ricerca?
«Ho un ambulatorio di neurologia generale, dove vedo sia le persone con SM che persone con malattia di Parkison e/o epilessia, per fare alcuni esempi».
C’è un episodio in cui ha pensato che vale proprio la pena fare il medico oltre che il ricercatore?
«Di recente ho seguito una persona cui era stato diagnosticato un disturbo funzionale: veniva curata con antidepressivi. L’avevano data per matta, in tanti posti. Abbiamo scoperto che invece ha un disturbo metabolico del cortisolo ed era questo disturbo a causare le sue crisi. Le abbiamo trovato la giusta terapia e la sua vita è cambiata radicalmente. Questo è il bello del lavoro del medico. Un’altra storia che mi è cara è quella di diversi pazienti con SM progressiva che abbiamo seguito qualche anno fa. Tante volte avevamo dovuto dire loro che non avevamo una risposta terapeutica adeguata alla loro condizione. Ora li stiamo richiamando per dire che ci sono delle novità e chiedere se vogliono partecipare in nuovi studi clinici sperimentali per testare potenziali molecole che rallentino la progressione di malattia. Per i pazienti e per noi medici e ricercatori rifiorisce la speranza di trovare soluzioni per bisogni ancora senza vere risposte».
Il vostro primo figlio lo sa che il papà il dottore?
«Certo. Roberto, che noi chiamiamo Beto per distinguerlo da mio papà, ha due anni ed è sempre dal medico, adesso che ha iniziato l’asilo. Così ha capito che anche il papà fa il dottore e cosa vuol dire. Infatti, quando può mi ruba lo stetoscopio e si mette a giocare».
La medicina per lui è un gioco …
«Anche per me, da un certo punto di vista: i pazienti sono una cosa seria, le malattie sono una cosa molto seria, ma cerco sempre di vivere la mia professione con leggerezza d’animo. È importante, per affrontare nel modo giusto tante situazioni complicate».
Che lingua parlate in famiglia?
«Mia moglie è americana di origine ebraica. È una diplomatica, ci siamo conosciuti a Cambridge. E sua zia è famosa per essere stata la prima donna americana di origine ebraica ad andare nello spazio. Lei parla l’inglese con accento americano. Io con Beto parlo solo italiano. E Beto, tra l’americano della mamma e il mio italiano, è andato assumendo, da quando va all’asilo, un fortissimo accento british, puro inglese. Quando si dice che i bambini sanno stupire, come la voglia di vita nuova che tutti condividiamo, ancora di più in un anno come questo».
Il Congresso Scientifico annuale FISM 2022 si è svolto con la sponsorizzazione non condizionante di Alexion Pharma Italy S.r.l., Biogen Italia S.r.l., Celgene Italia S.r.l., Janssen-Cilag SpA, Merck Serono S.p.A., Novartis Farma S.p.A., Sanofi S.r.l.
Riferimenti
[1] Marco Bacigaluppi, Stefano Pluchino, Luca Peruzzotti-Jametti, et al. Delayed post-ischaemic neuroprotection following systemic neural stem cell transplantation involves multiple mechanisms. Brain. 2009 Aug;132(Pt 8):2239-51.
[2] Luca Peruzzotti-Jametti , [...], Stefano Pluchino Macrophage-Derived Extracellular Succinate Licenses Neural Stem Cells to Suppress Chronic Neuroinflammation Cell Stem Cell 2018 Mar 1;22(3):355-368.e13.
[3] Luca Peruzzotti-Jametti, [...] Stefano Pluchino. Neural stem cells traffic functional mitochondria via extracellular vesicles PLoS Biol. 2021 Apr 7;19(4):e3001166.
[4] Cunniffe N, [...] Peruzzotti-Jametti L, Pluchino S, et al. Systematic approach to selecting licensed drugs for repurposing in the treatment of progressive multiple sclerosis. J Neurol Neurosurg Psychiatry. 2021 Mar;92(3):295-302.