All'inizio del 2023, Martino ha pubblicato sulle pagine di Nature Medicine uno studio - finanziato anche da AISM e la sua fondazione FISM - che mostra come le cellule staminali neurali (i precursori dei neuroni e delle cellule della glia) sono sicure nelle persone con SM con forme progressive di malattia e che potrebbero avere un ruolo neuroprotettivo, contribuendo a fermare la progressione di malattia. Ma gli sforzi per capire come contrastare la progressione del danno proseguono su più fronti, anche con la ricerca di farmaci che siano in grado di entrare nel sistema nervoso per recuperare la perdita della mielina e proteggere le cellule nervose.
Professor Martino, possiamo immaginare di riparare il danno nella sclerosi multipla sfruttando il potenziale rigenerativo delle cellule staminali?
«Dipende da cosa si intende per potenziale rigenerativo. Venti anni fa, forti soprattutto delle evidenze che arrivavano dagli studi condotti sui malati di Parkinson, si credeva che fosse possibile utilizzare le staminali neuronali per sostituire i neuroni danneggiati nel sistema nervoso. Ma se nel Parkinson era possibile immaginare un trapianto diretto nella zona danneggiata, la substantia nigra, lo stesso non poteva funzionare nella sclerosi multipla, dove le lesioni si osservano in diverse parti del sistema nervoso. Per questo, quando abbiamo replicato gli studi sui modelli animali di sclerosi multipla l'idea è stata di somministrare le staminali nel sangue o nel liquido cerebrospinale, che possono raggiungere tutte le aree danneggiate del sistema nervoso. Effettivamente è stato così: le staminali neurali così somministrate erano in grado di raggiungere le lesioni dove però non sostituivano le cellule malate come ipotizzato ma facevano comunque stare meglio i topi grazie al fatto che secernevano, rimanendo staminali, molecole con un rilevante potenziale neuroprotettivo».
Le staminali neurali hanno una funzione neuroprotettiva anche nelle persone con sclerosi multipla con forme progressive di malattia?
«Secondo i risultati dello studio che abbiamo appena pubblicato potremmo sospettare un meccanismo protettivo di questo tipo anche nell’uomo, anche se per ora abbiamo solo dimostrato che una volta iniettate nel liquor sono sicure: non causano effetti collaterali dannosi. Il sospetto che possano svolgere una funzione neuroprotettiva nasce dal fatto che abbiamo osservato che nel liquor il trapianto cambia il profilo delle proteine in esso contenute: si osservano meno proteine con attività pro-infiammatoria e più fattori trofici. Abbiamo anche osservato che un numero maggiore di cellule trapiantate determinava una minor atrofia cerebrale, in particolare della sostanza grigia, rispetto all’atrofia misurata nei pazienti in cui erano state trapiantate un numero minore di cellule. Questi risultati sono appunto quelli che ci fanno ipotizzare che i fattori neuroprotettivi prodotti dalle staminali possano agire contro la perdita del tessuto, attraverso meccanismi di rigenerazione diretta o indiretta. Sono solo ipotesi per ora anche se supportate da alcuni dati significativi, nel futuro prossimo vorremmo avviare una nuova sperimentazione per testare appunto l'efficacia delle staminali neurali».
Ci sono altri tipi di staminali che possono aiutare a rallentare la malattia?
«Sì, per esempio le staminali ematopoietiche, che per ora sono riservate soprattutto alle forme più aggressive di malattia e che hanno un andamento recidivante-remittente. Le staminali ematopoietiche si sono dimostrate in grado di agire sul sistema immunitario alterato rendendolo meno aggressivo e di conseguenza meno capace di indurre un danno. A differenza delle staminali neurali, che mirano a favorire la rigenerazione del tessuto nervoso, le staminali ematopoietiche agiscono preventivamente sul sistema immunitario resettandolo».
È possibile cercare di mimare l'azione protettiva delle staminali con i farmaci?
«Uno dei progetti avviati all'interno dell'iniziativa della Progressive MS Alliance mira proprio a identificare nuove molecole con capacità neuroprotettive e rimielinizzanti. Nella sclerosi multipla, oggi, riusciamo a combattere abbastanza bene l'aspetto infiammatorio della malattia, abbiamo numerose terapie efficaci. Ma a mio avviso tali terapie dovrebbero essere combinate con terapie con capacità neuroprotettiva fin dall'inizio della malattia. L’infiammazione, infatti, danneggia sia la mielina che i neuroni e altre cellule del sistema nervoso fin dall’inizio. La sfida è trovare molecole, magari anche tra quelle già approvate per l’utilizzo nell’uomo, che abbiano una funzione rimielinizzante e neuroprotettiva allo stesso tempo. Questo approccio eviterebbe che si instauri fin da subito il danno agli oligodendrociti e ai neuroni che sarebbe difficile da revertire in un secondo momento. Inoltre, è fondamentale che queste molecole siano in grado di entrare nel sistema nervoso perché è li che la malattia esercita il suo danno nella fase progressiva».
La realizzazione di questo evento è stata resa possibile con la sponsorizzazione non condizionante dei MAIN SPONSOR: Alexion Pharma Italy, Biogen Italia, Bristol-Myers Squibb, Horizon Therapeutics Italy, Merck Serono, Novartis Farma, nonché di Sanofi.