Il primo studio clinico con cellule staminali neurali, e una via del tutto nuova che produce cellule pluripotenti dalla cute delle persone. Ne parliamo con il Prof. Gianvito Martino
«Quindici anni fa non si sapeva praticamente nulla sulle staminali nella SM: allora, la Fondazione di AISM aveva scelto pionieristicamente scelto di finanziare i primi progetti speciali di ricerca in questo campo affascinante e promettente. Oggi possiamo dire che le cellule staminali sono entrate in gioco in modo significativo nel panorama della sclerosi multipla».
Nei tempi lunghi che ha la scienza quando è rigorosa e non cerca scorciatoie, la buona notizia, è questa, secondo il professor Gianvito Martino, che dirige la Divisione dell'Istituto Scientifico Vita-Salute San Raffaele di Milano: il progresso nella conoscenza scientifica sull'utilizzo delle staminali ha compiuto progressi enormi. Quello che quindici anni fa non c'era, ora c'è.
Una controprova? Se si entra nel sito di “PubMed”, la più grande biblioteca informatizzata di studi scientifici pubblicati, utilizzando come chiave di ricerca le parole 'stem cell in multiple sclerosis' si trovano 1576 referenze di ricerche effettuate. E sette di questi studi sono stati pubblicati nei primi mesi del 2016, con titoli che vanno dalla “panoramica sullo stato corrente degli studi clinici sul ruolo delle cellule staminali nella terapia per la SM” [1] (Meamar et al., Adv Biomed Res., marzo 2016) all'induzione di cellule staminali staminali pluripotenti nei pazienti con SM partendo da cellule epiteliali (Massa et al., PloSOne, maggio 2016) [2] fino alle più “recenti acquisizioni della ricerca sulla capacità delle cellule staminali di mediare processi di riparazione della mielina danneggiata dalla SM” (Jadasz, Lubetsky et al, Currin Opin Neurol., 2016, giugno) [3].
Al Congresso FISM 2016 il Prof Martino ha presentato proprio le “due vie” delle ultime scoperte scientifiche sulle staminali, entrando nel merito della strada percorsa sinora e disegnando poi “dove stiamo andando” con le cellule staminali: «quest'anno – spiega -, con un network internazionale di cinque nazioni, coordinato dal Centro di ricerca del San Raffaele e finanziato grazie all'ultimo Bando della PMSA (Progressive Multiple Sclerosis Alliance) [4], abbiamo compiuto un nuovo salto di qualità nella ricerca sulle cellule staminali nella SM. Mentre infatti, da una parte, prosegue l’impegnativo percorso che ci sta portando a predisporre il primo trial clinico di ricerca con le staminali neurali come possibile terapia cellulare per l'uomo, in una strada parallela abbiamo evidenziato che le cellule staminali pluripotenti, indotte a partire dalle cellule della pelle delle persone con SM, possono anche diventare strumenti straordinari per identificare a loro volta altre molecole candidabili a diventare in futuro terapie con un ruolo protettivo rispetto al danno neuronale tipico delle forme progressive di SM o con una funzione rimielinizzante». Come è noto, la SM progressiva danneggia la capacità degli oligodendrociti di produrre la mielina che riveste le cellule del sistema nervoso: riuscire fare ripartire correttamente questa capacità sarebbe un successo determinante per la cura delle forme progressive di SM.
Cosa si fa, in pratica, con questa 'seconda via'?
«Utilizzando una semplice biopsia cutanea preleviamo campioni della pelle di selezionati pazienti con SM. Poi, da questi campioni, si ottengono in laboratorio alcuni fibroblasti, che sono le cellule più abbondanti nel tessuto connettivo che si trova sotto l'epidermide. Questi fibroblasti, che sono ‘tosti’ e proliferano molto bene in vitro, vengono a loro volta modificati, utilizzando un cocktail di particolari fattori e geni, fino a diventare cellule embrionali pluripotenti. È la scoperta di Shinya Yamanaka, che ha avuto il Premio Nobel nel 2012 proprio per essere riuscito a generare con questo processo le cellule che oggi sono note come IPSC (cellule staminali pluripotenti indotte). Da queste cellule embrionali si possono derivare i citati oligondendrociti, ma anche neuroni e astrociti, che dovrebbero rappresentare i neuroni, gli astrociti e gli oligodendrociti che ci sono nel sistema nervoso del paziente con SM da cui è stata prelevata la cute».
La novità sarebbe dunque nell’avere a disposizione per lo studio clinico un tessuto neuronale ‘vivo’ e ricavato direttamente dalle persone con SM?
«Questo sistema, in inglese, si chiama “disease in a dish”, cioè ''malattia nella provetta”, perché potrebbe essere molto vicino alla malattia della persona con SM, visto che viene dalla sua cute [5]. Proprio su questa 'materia viva', che sino a pochi anni fa non era disponibile, si potranno sperimentare una serie di sostanze, farmacologiche e non, per capire se sono in grado di neuro proteggere e di rimielinizzare. Dunque queste cellule pluripotenti indotte potranno prossimamente diventare una piattaforma su cui effettuare uno screening farmacologico particolarmente sofisticato ed efficace. Certo, non si può dimenticare che sono pur sempre cellule manipolate in vitro e, perciò, non è automatico che rappresentino esattamente quello che succede nel cervello. Lo dovremo dimostrare».
Per quanto riguarda lo studio clinico sull’efficacia delle cellule staminali neurali nell’uomo, a che punto siamo?
«È una via del tutto nuova, percorsa per la prima volta al mondo. Dunque, non ci sono riferimenti con cui confrontarsi per capire se si sta facendo la cosa giusta o quella sbagliata. Ogni volta dobbiamo compiere una scelta del tutto autonoma, che può rivelarsi giusta o sbagliata. Nell’ultimo anno, comunque, appoggiandoci alla “cell factory” del Laboratorio Stefano Verri dell’Ospedale San Gerardo di Monza, una delle strutture accademiche non profit italiane certificate per la corretta produzione di cellule staminali, abbiamo messo in atto una filiera di produzione di cellule staminali neurali e ottenuto una sorta di “banca cellulare primaria o banca madre”, che contiene un elevatissima quantità (circa due miliardi) di cellule staminali neurali. Al momento sono in corso, presso un laboratorio in Germania certificato a tale scopo, le procedure di validazione della sicurezza, della sterilità e purezza delle cellule staminali neurali della nostra banca primaria. Verso la fine dell'anno avremo notizie più dettagliate rispetto alle tempistiche dell'eventuale inizio di una sperimentazione sull'uomo».
Note
[1] Meamar R, Nematollahi S, Dehghani L, Mirmosayyeb O, Shayegannejad V, Basiri K, Tanhaei AP. The role of stem cell therapy in multiple sclerosis: An overview of the current status of the clinical studies. Adv Biomed Res. 2016 Mar 16;5:46.
[2] Massa MG, Gisevius B , Hirschberg S, Hinz L, Schmidt M, Gold R , Prochnow N, Haghikia A. Multiple Sclerosis Patient-Specific Primary Neurons Differentiated from Urinary Renal Epithelial Cells via Induced Pluripotent Stem Cells. PLoS One. 2016 May 9;11(5):e0155274.
[3] Jadasz JJ, Lubetzki C, Zalc B, Stankoff B, Hartung HP, Küry P. Recent achievements in stem cell-mediated myelin repair. Curr Opin Neurol. 2016 Jun;29(3):205-12.
[4] BRAVEinMS - Bioinformatics and cell reprogramming to develop an in vitro platform to discover new drugs for progressive multiple sclerosis, vincitore del Bando PMSA: “‘Collaborative Network Planning Awards”, settembre 2015 . vedi su [www.aism.it]
[5] Mack DL, Guan X, Wagoner A, Walker SJ, Childers MK. Disease-in-a-dish: the contribution of patient-specific induced pluripotent stem cell technology to regenerative rehabilitation. Am J Phys Med Rehabil. 2014 Nov;93(11 Suppl 3):S155-68
Tiscornia G, Vivas EL, Izpisúa Belmonte JC. Diseases in a dish: modeling human genetic disorders using induced pluripotent cells. Nat Med. 2011 Dec;17(12):1570-6.