La riabilitazione è un diritto e una cura per le persone con sclerosi multipla (SM), in ogni fase della malattia. Ma comprendere quali sono gli interventi più sicuri ed efficaci per migliorare la qualità di vita di ogni persona con SM non è sempre facile. Per esempio, possono tecniche ben diffuse in altri ambiti riabilitativi neurologici funzionare anche nella sclerosi multipla?
È quanto si è chiesto il team guidato da Alessandro de Sire dell'Università del Piemonte Orientale, che ha cercato di capire se un trattamento diffuso soprattutto nella riabilitazione delle persone che hanno subito un ictus può rivelarsi sicuro ed efficace anche nella sclerosi multipla. Il trattamento si chiama constraint-induced movement therapy, e mira a incentivare il movimento e il recupero di funzione degli arti colpiti dalla malattia promuovendone l'uso. Secondo de Sire e colleghi potrebbe funzionare anche nella sclerosi multipla, raccontando nello studio pubblicato sulle pagine della rivista NeuroRehabilitation. La ricerca è stata realizzata grazie al supporto AISM e la sua Fondazione (FISM).
Lo scopo della constraint-induced movement therapy (CIMT) è quello di promuovere il movimento degli arti forzandone l'utilizzo. Come? Limitando i movimenti di quelli meno colpiti dalla malattia e che normalmente sono utilizzati di più durante le attività quotidiane, nel tentativo di compensare così il movimento mancante nell'altro. Di fatto si tratta di forzare l'uso dell'arto meno funzionante bloccando quello che normalmente lavora di più. Per farlo solitamente un metodo adottato nei protocolli riabilitativi consiste nel bloccare l'arto più attivo tramite una stecca. Nel loro studio de Sire e colleghi hanno cercato di capire quanto questa terapia potesse migliorare la funzionalità degli arti in alcuni pazienti con forme progressive di sclerosi multipla, analizzando i movimenti compiuti anche in 3D, attraverso l'uso di telecamere.
Allo studio hanno preso parte 10 persone con forme progressive di malattia, suddivisi in due piccoli sottogruppi, entrambi chiamati a svolgere una serie di esercizi nel corso di due settimane, come svitare il tappo di una bottiglia, spazzolarsi i capelli, girare le pagine di un libro, impilare degli oggetti di gomma. Le persone con SM incluse nello studio mostravano tutte una funzionalità ridotta soprattutto in uno dei bracci. Un gruppo è stato sottoposto al trattamento con la constraint-induced movement therapy (CIMT) - e aveva dunque il braccio più attivo immobilizzato per gran parte del tempo da una stecca - l'altro invece poteva svolgere gli esercizi riabilitati senza nessun impedimento, con entrambe le braccia. L'input dato dai ricercatori era quello di compiere gli esercizi assegnati nel minor tempo possibile, cercando comunque di non comprometterne l'accuratezza, ricordano nel paper.
Alla fine delle due settimane gli scienziati hanno osservato che il trattamento con CIMT era ben tollerato e sicuro (non si avevano per esempio peggioramenti nella forza muscolare nel braccio meno colpito dalla malattia e immobilizzato). Ma non solo: sebbene miglioramenti nella forza fossero osservabili anche nel gruppo controllo per entrambe le braccia, questi erano significativi solo nell'arto più colpito da malattia nel gruppo sottoposto a CIMT. Secondo quanto osservato anche grazie all'analisi cinematica in 3D il trattamento con CIMT riusciva a rendere più fluidi i movimenti, meno scattosi, e migliorava la presa. Nel gruppo controllo al contrario non si osservavo cambiamenti significativi a livello di cinematica, probabilmente perché, ipotizzano gli scienziati, nei pazienti sottoposti a CIMT il trattamento induceva una migliore pianificazione in anticipo dei movimenti.
Pur trattandosi di uno studio pilota condotto su un numero piccolissimo di pazienti, riconoscono gli autori, i risultati meriterebbero di essere approfonditi, considerando che arrivano da pazienti con lunga storia di malattia e con disabilità gravi. «Il nostro studio suggerisce che la CIMT possa essere una tecnica promettente nei pazienti con forme progressive di SM», scrivono in chiusura del lavoro, ricordando come il trattamento potrebbe aiutare a superare il non-uso degli arti indotto dalla malattia promuovendo per esempio cambiamenti neuroplastici. Studi più ampi e più approfonditi sugli esiti della CIMT sulla funzionalità degli arti potrebbero aiutare a capire meglio che posto dare a questa tecnica nella riabilitazione per le persone con SM.
Referenza
Titolo: Constraint-induced movement therapy in multiple sclerosis: Safety and three-dimensional kinematic analysis of upper limb activity. A randomized single-blind pilot study.
Autori: de Sire A, Bigoni M, Priano L, Baudo S, Solaro C, Mauro A.
Rivista: NeuroRehabilitation. 2019 Sep 3.
DOI: doi: 10.3233/NRE-192762.