SM Italia 2/2015 dedica il dossier informativo al tema delle staminali, in particolare a un trattamento che ha dato risultati, ma non è per tutti e presenta alcuni rischi. L'intervista al Prof Mancardi
Sull'ultimo numero di SM Italia è stato pubblicato un dossier informativo sul tema del Trapianto autologo di cellule staminali nel trattamento della SM. Una procedura che ha dimostrato di dare certi risultati, ma non è per tutti (solo il 5/6% delle persone con SM soggette alle forme più maligne e rapide sono adatti) e non è esente da rischi. Nel dossier si illustra in dettaglio in cosa consiste, si fa il punto della ricerca in questo ambito e c'è un'intervista al Prof Gianluigi Mancardi - Direttore Dipartimento di Neuroscienze, riabilitazione, oftalmologia, genetica e scienze materno-infantili (DINOGMI) dell'Università di Genova -che all'inizio del 2015 ha visto pubblicare un importante studio condotto dal suo gruppo e finanziato da AISM e la sua Fondazione, proprio sul trapianto di cellule staminali autologhe ematopoietiche.
Professore, questo studio è iniziato nel 2004: è stato difficile concluderlo?
«A parte FISM, questa ricerca non ha avuto altri finanziatori. Questo limite, per esempio, non ci ha consentito di utilizzare, come avviene negli studi clinici, una CRO (Contract Research Organization) per gli aspetti di raccolta, trattamento e analisi dei dati. Tutto è stato effettuato in modo spontaneo dai Centri aderenti. Questo ha allungato i tempi e reso più difficoltoso ottenere certi obiettivi».
Perché, avendo una così lunga esperienza, avete trattato pochi pazienti?
«Il trapianto è un intervento molto delicato e da usare con estrema cautela perché sottopone le persone a chemioterapia. Quando abbiamo iniziato, avevamo previsto di svolgere uno studio di fase III, con misure di risultato cliniche. Ma per misurare la progressione di disabilità servivano molti più Centri e pazienti. Vista la difficoltà a reclutare persone, abbiamo dovuto realizzare uno studio di fase II con meno pazienti e diverse misure di risultato. Ora servirà uno studio di fase III, con numeri più ampi».
Con quali tempi e costi si potrà fare uno studio di fase III?
«Sono necessari almeno 150 pazienti e circa 4-5 milioni di euro. Un costo troppo elevato sia per una singola associazione di pazienti che per una Federazione di associazioni. Bisognerà riuscire a ottenere finanziamenti pubblici come quelli erogati dall’Unione europea per la ricerca».
Nel vostro studio avete utilizzato il confronto col mitoxantrone, non più in uso come terapia immunosoppressiva. Un nuovo studio con quale trattamento dovrebbe confrontarsi?
«Si potrà confrontare il trapianto con le nuove terapie come il Natalizumab, Fingolimod,– ossia le terapie di seconda linea – e ora anche Alembtuzumab, un nuovo anticorpo monoclonale fortemente immunosoppressivo».
Quanto costa l’intero iter per il trapianto?
«Circa 50 mila euro a persona».
Chi lo paga?
«Dove si decida che un paziente ha bisogno del trapianto, se il Comitato etico dell’Ospedale approva la richiesta e se la persona accetta firmando il consenso informato, allora interviene il Servizio Sanitario Nazionale».
Quante persone potrebbero averne necessità?
«Stiamo parlando del 5-6% dei pazienti con SM, quelli che sviluppano le forme più maligne. Su 72 mila persone che si stima abbiano la SM in Italia potrebbe servire a 3.600-4.300 persone».
Quando si è iniziato a effettuare il trapianto di staminali ematopoietiche in Italia? E chi ha cominciato?
«In Italia il primo trapianto di midollo osseo, da cui derivano le staminali ematopoietiche, è stato eseguito nel 1959 all’Ospedale Careggi di Firenze dal professor Mazzingo Donati, per un paziente che aveva la leucemia. Per quanto riguarda le malattie autoimmuni, c’è stata negli anni ‘90 una corposa ricerca sperimentale sui modelli animali, svolta in tutto il mondo, in particolare in Germania e nell’Europa centrale, in cui si era dimostrata l’efficacia di questo trapianto. Così si è passati all’uomo. Il primo intervento su una persona con una malattia autoimmune è stato effettuato in Grecia a metà degli anni ‘90. Subito dopo, il primo trapianto in Italia è stato effettuato nel 1996 a Genova, con un protocollo simile a quello già approvato per le leucemie. Ce ne occupammo noi della Clinica Nerurologica insieme al professor Marmont[1] e al dottor Bacigalupo e agli ematologi della Ematologia del San Martino. Ora a Genova il gruppo della Neurologia dell’Università collabora con gli Ematologi e in particolare con la dottoressa Gualandi».
Oltre che nel vostro Centro di Genova, in quali altri Centri viene effettuato?
«Un altro Centro di eccellenza in questo campo è quello dell’Ospedale Careggi di Firenze, con riferimento al professor Riccardo Saccardi: anche lì c’è una lunga tradizione e sono stati effettuati più di 50 trapianti. Trattamenti analoghi vengono effettuati all’Ospedale San Raffaele di Milano, a Bergamo, Modena, Chieti, Pescara, Roma - Ospedale San Camillo, Bari, Catanzaro. Insomma, in Italia ci sono diversi Centri in cui si effettua questo trapianto: è una tecnica ormai entrata nell’armamentario delle terapie per la sclerosi multipla».
Tra gli studi recenti, c’è una ricerca che la stampa inglese ha definito ‘miracolosa’[2]. Che lettura possiamo darne?
«A inizio 2015 è stato pubblicato un importante studio curato dal dottor Burt di Chicago (Division of Immunotherapy, Department of Medicine, NorthwesternUniversityFeinberg School of Medicine, Chicago, Illinois) insieme a un gruppo inglese di Sheffield, un gruppo svedese e uno brasiliano[3]. Effettuato con un protocollo meno aggressivo del nostro (immunoablativo e non mieloablativo), questo studio ha arruolato, trattato con trapianto e seguito per cinque anni 123 persone con SMRR e 28 con SMSP tra il 2003 e il 2014 e seguite per cinque anni. I risultati sono significativi: l’80% delle persone trattate non ha avuto ricadute a 4 anni dal trattamento e l’87% non ha avuto progressione di malattia. Non è
stato fatto, però, un confronto di efficacia con un’altra terapia immunosprressiva e gli stessi autori nelle conclusioni evidenziano come «i risultati preliminari di questo studio non controllato richiedono conferma in studi randomizzati», ossia verificati in confronto a un gruppo di controllo. È uno studio rigoroso, cui l’aggettivo ‘miracoloso’, in fondo, fa un torto: la ricerca non presenta miracoli, ma conferma con un’osservazione durata più di dieci anni quanto la scienza e la ricerca sulla SM stanno scoprendo da oltre 20 anni. Occorre sottolineare che noi abbiamo confrontato il protocollo immunoablativo verso il protocollo mieloablativo e i nostri dati indirizzano verso una maggiore efficacia di quest’ultimo (protocollo utilizzato nello studio pubblicato su Neurology)[4]».
Note
[1] Marmont AM. Immune ablationfollowed by allogeneic or autologous bone marrowtransplantation: a new treatment for severe autoimmune diseases?
Stem Cells. 1994 Jan; 12:125-135.
[2] ‘Miracle’ stem cell therapy reverses multiple sclerosis. The treatment, is the first to reverse the symptoms of MS, which has no cure, and affects around 100,000 people in Britain. [www.telegraph.co.uk, 1 marzo 2015]
[3] Burt RK, Balabanov R, Han X, Sharrack B, Morgan A, Quigley K, Yaung K, Helenowski IB, Jovanovic 4, Spahovic D, Arnautovic 1, Lee DC, Benefield BC, Futterer S, Oliveira MC, Burman J. Association of nonmyeloablative hematopoietic stem cell transplantation with neurological disability in patients with relapsing-remitting multiple sclerosis.
JAMA. 2015;313(3):275-284.
[4] Low intensity lympho-ablative regimen followed by autologous hematopoietic stem cell transplantation in severe forms of multiple sclerosis: A MRI-based clinical study. Currò D, Vuolo L, Gualandi F, Bacigalupo A, Roccatagliata L, Capello E, Uccelli A, Saccardi R, Sormani MP, Mancardi G.
Mult Scler. 2015 Jan 12. pii: 1352458514564484. [Epub ahead of print]