Uno studio internazionale sostenuto anche dalla Fondazione di AISM confermerà l'aumento del numero di geni coinvolti nella SM. "Presto i dati potranno essere utilizzati per capire come i geni influenzino la gravità e la progressione della malattia". Parla la professoressa Sandra D'Alfonso
La sclerosi multipla è una malattia di cui non conosciamo ancora la causa. Sappiamo che è una patologia multifattoriale, in cui svolgono un ruolo importante fattori ambientali (quali per esempio il fumo o la carenza di vitamina D) e alcune varianti genetiche. Varianti genetiche che conosciamo solo in parte. Se finora infatti circa un centinaio sono i geni associati alla sclerosi multipla, a breve i risultati di uno studio internazionale, cui ha contribuito anche FISM, amplieranno il numero di quelli coinvolti. Lo racconta la professoressa Sandra D'Alfonso, genetista presso l'Università del Piemonte Orientale, a margine del congresso annuale della Fondazione a Roma.
Cosa sappiamo delle varianti genetiche associate alla sclerosi multipla?
«Gli studi condotti finora, tra cui quello che abbiamo pubblicato lo scorso autunno sulla popolazione italiana, continentale e sarda, hanno evidenziato circa un centinaio di geni che influenzano la suscettibilità alla malattia. Ma nei prossimi mesi, con i risultati di un grande studio internazionale, che ha riguardato oltre 40mila pazienti, il numero dei geni coinvolti si estenderà, raggiungendo il numero di circa 200. Per quel che sappiamo oggi sono soprattutto geni legati alla risposta immunitaria, il che contribuisce a confermare l'eziologia autoimmune della malattia».
A cosa serve studiare la genetica della SM?
«Non è il singolo gene ad aumentare il rischio di malattia, quanto piuttosto un carico genetico, ovvero un insieme di varianti genetiche sfavorevoli, come abbiamo mostrato nello studio condotto sulla popolazione italiana, sarda e continentale. Allargare la comprensione delle basi genetiche della sclerosi multipla significa completare un puzzle, facendo luce su quelli che sono i fattori che predispongono all'insorgenza della malattia. A lungo andare, in futuro, studiare la genetica potrebbe essere utile anche per capire quali sono le alterazioni funzionali in chi sviluppa la malattia e i punti su cui intervenire con le terapie. Infatti, come spesso osserviamo, tra i geni che scopriamo emergono alcuni che sono già bersaglio di terapie farmacologiche e questo ci suggerisce che anche altri potrebbero essere colpiti per allargare il processo terapeutico. Inoltre, identificare i pazienti con una genetica sfavorevole potrebbe essere utile per agire in un'ottica di prevenzione. Ma ricordiamo che la SM è una malattia multifattoriale, in cui i fattori genetici interagiscono con i fattori ambientali per scatenare la malattia. Singolarmente entrambi non hanno un grosso impatto, ma la loro interazione sembra far emergere degli effetti più grandi e questo è un aspetto che va studiato a fondo per capire l'eziologia della malattia».
La genetica può dirci qualcosa anche sull'andamento della malattia?
«Al momento l'obiettivo principale era capire la suscettibilità alla sclerosi multipla. Presto gli stessi dati genetici potranno essere utilizzati per capire come i geni influenzino la gravità e la progressione della malattia».