Tra i bisogni insoddisfatti delle persone con sclerosi multipla occupano un posto di primo piano le terapie per le forme progressive di malattia. Se infatti negli ultimi anni diversi trattamenti hanno cambiato la storia della malattia, insieme a una conoscenza sempre maggiore dei meccanismi della sclerosi multipla, si è trattato di un cambio di passo che ha riguardato soprattutto le forme recidivanti-remittenti.
Per le forme progressive molto rimane da fare, e iniziative come la International Progressive MS Alliance – di cui AISM è promotrice fin dagli esordi – cercano proprio di accelerare lo sviluppo di terapie che possano cambiare la storia anche delle persone con forme progressive di malattia. Un traguardo perseguibile, scrive oggi un gruppo di esperti sulle pagine di Nature Reviews Neurology, scommettendo su una ricerca clinica inclusiva, flessibile, innovativa e pronta a rinnovarsi, che miri tanto a testare nuove terapie quanto a comprenderne i meccanismi biologici che ne sono alla base.
A firmare l'articolo, una vera e propria proposta per direzionare la ricerca sostenuta dall'International Progressive MS Alliance, è un team di ricercatori coordinato dal professor Marco Salvetti, Direttore UOC Neurologia, Azienda Ospedaliera-Universitaria Sant’Andrea- Sapienza Università di Roma. Si tratta di una strategia in via di definizione, come scrivono gli stessi autori, che chiedono alla comunità scientifica e a tutti gli stakeholder di confrontarsi sulla proposta contenuta nella pubblicazione, affinché si identifichi la ricetta giusta migliorare e ottimizzare la ricerca sulle forme progressive di SM. Partendo in primis dal coinvolgimento delle persone con sclerosi multipla, che possono e devono essere “co-piloti” della ricerca sulla malattia, scrivono. Al termine di questo processo, al Alliance potrebbe impegnarsi in un programma di finanziamento di progetti sull’argomento.
La riflessione degli esperti parte dalla constatazione che molte delle promesse arrivate dalla ricerca preclinica si sono spente una volta approdate alle sperimentazioni cliniche. I motivi sono diversi: fra questi, la complessità della malattia che colpisce un organo poco accessibile, la difficoltà di traslare i dati ottenuti nel modello animale a quello umano in primis, la necessità di condurre sperimentazioni cliniche in tampi lunghi e su numeri molto elevati di pazienti.
Studiare i meccanismi della malatti durante la sperimentazione di una cura equivale a studiare la reazione di un sistema (l’organismo) che reagisce a una perturbazione la cura). Ciò può evidenziare alcuni processi che, in una situazione stabile, sono troppo “in equilibrio” per saltare all’occhio. Da qui l’invito a utilizzare la sperimentazione terapeutica non solo per identificare farmaci efficaci ma, contemporaneamente, per svelare cause di malattia non identificabili in condizioni “stabili”. Ciò è e sarà possibile anche attraverso lo sviluppo di nuovi disegni di trial clinici.
Gli stessi dovranno tener conto del fatto che, finora, la maggior parte delle sperimentazioni è stata condotta testando un'unica potenziale terapia, abbracciare la politerapia all'interno dei trial – con gruppi con tutte le possibili combinazioni di diversi trattamenti – potrebbe portare alcuni benefici, consentendo di analizzare e studiare più meccanismi alla base di una malattia complessa come la sclerosi multipla progressiva. Queste sperimentazioni potrebbero comprendere un mix di nuovi agenti terapeutici combinati con terapie immunosoppressive note, aggiungono gli autori, visto che l'infiammazione contribuisce alla progressione della malattia.
Anche in virtù di questo, le misure per la valutazione degli obiettivi delle sperimentazioni cliniche dovrebbero essere ampie, e comprendere tanto aspetti clinici, paraclinici che biologici, con criteri di interpretazione il più possibile standardizzati. E al passo con la ricerca di base. A tal proposito, scrivono gli autori, accanto alla misura dei più tradizionali marcatori immunologici dovrebbe essere riservato spazio anche all'analisi delle cellule del sangue periferico, che alcuni studi recenti indicano come possibili marcatori indiretti di farmaci pensati per bersagliare il sistema nervoso centrale.
Ma lo sguardo più ampio sulla ricerca deve estendersi a tutti gli aspetti della progettazione di una sperimentazione clinica, per esempio attraverso la possibilità di includere le diverse forme di malattia nei trial, tenendo conto delle differenze che esistono all'interno di una patologia così eterogenea. E ancora: dovrebbero essere previste sperimentazioni flessibili, che prevedano diversi schemi di trattamento alternati (come nei trial crossover), adattabili con l'arrivo di nuove conoscenze, che permettano di capire meglio chi più potrebbe beneficiare di un trattamento.
La partecipazione dei pazienti nella fase di progettazione della ricerca, continuano gli autori, dovrebbe essere prevista e incentivata, come vero punto di forza delle sperimentazioni. Le persone, scrivono, possono aiutare a indirizzare i clinici verso i veri bisogni insoddisfatti, ma possono, per esempio, anche facilitare l'arruolamento negli studi clinici, e aiutare la disseminazione dei risultati. In questo campo l'esperienza già maturata con la Progressive MS Alliance – che ha adottato il modello proposto dal progetto MULTI-ACT per il coinvolgimento delle persone nella ricerca - dimostra che il loro apporto è “immensamente prezioso”.
Referenza
Titolo: Facing the urgency of therapies for progressive MS — a Progressive MS Alliance proposal
Autori: Fernando Dangond, Alexis Donnelly, Reinhard Hohlfeld, Catherine Lubetzki , Susan Kohlhass, Letizia Leocani, Olga Ciccarelli, Bruno Stankoff, Maria Pia Sormani, Jeremy Chataway, Federico Bozzoli, Francesco Cucca, Lisa Melton, Timothy Coetzee and Marco Salvetti
Rivista: Nature Review Neurology